lunedì 27 gennaio 2020

Emilia Romagna: per la sinistra c'è poco da esultare...

Bonaccini si è confermato governatore con oltre il 51% dei consensi, ma per farlo ha dovuto vestire i panni del "leghista" ed impostare una campagna elettorale nascondendo il suo partito, il suo simbolo ed esaltando l'uomo.
Ma andiamo con ordine.
Elezioni 2014
Elezioni 2020


Look da duro, pelato con barbetta curata, i suoi manifesti avevano nessun simbolo ed un solo colore: il verde. Verde che è il colore della bandiera emiliana, vero, ma che è, soprattutto, il colore della lega. Primo passo, mimetizzarsi. Si è mimetizzato così bene che il giorno della chiusura della campagna elettorale il leader del principale partito della coalizione, Zingaretti, non ha messo piede in Emilia, scegliendo di chiudere in Calabria, regione compromessa e su cui la sua presenza non avrebbe potuto peggiorare le cose.

Secondo passo, demonizzare l'avversario facendo fare il lavoro sporco agli altri: pericolo fascismo, il solito cliché:



Terzo passo, mascherare il sentimento reazionario in rivoluzionario: le sardine, l'arma perfetta della maggioranza per oscurare il dissenso e le minoranze senza sporcarsi le mani, senza essere tacciati di essere antidemocratici.

In questa campagna elettorale emiliana la sinistra è riuscita a mettere in pratica, passo dopo passo, quelle tattiche che spesso prova ad addossare alla destra fascista, ma che in realtà sono sue da tempo:
  1. Esaltare l'uomo, in questo caso Bonaccini, invece dell'idea o del partito
  2. Creare un nemico su cui attirare le ire di tutti gli altri: oggi Salvini
  3. Soffocare il dissenso, utilizzando il popolo stesso
  4. Monopolizzare i media aggiungendo un player in più (Mattia Santori omnipresente) non formalmente schierato in un partito, ma politicamente impegnato contro un preciso candidato, raddoppiando illecitamente gli spazi a disposizione.

Ma solo con queste armi avrebbero vinto?
Forse, grazie al voto disgiunto, ma senza l'inciucio con il Movimento 5 Stelle la battaglia sarebbe stata molto più dura.

Il Movimento 5 Stelle, l'agnello sacrificale.
Al 22 Novembre, la principale forza di governo ancora non aveva deciso se partecipare o meno alle elezioni, anzi, il suo capo politico ne auspicava l'assenza. Con un voto farsa sulla piattaforma Rousseau la base (il 28% degli iscritti) sceglieva di presentarsi a soli 2 mesi di distanza dalla data delle elezioni. Ma si può preparare un'elezione regionale in così poco tempo? No, ma non era quello il punto. Non servivano programmi, non servivano candidati. Serviva non ostacolare il PD, suo alleato di governo ed unica speranza per continuare a sedere sulle poltrone del parlamento, evitando che i pochi elettori rimasti se ne stessero a casa o venissero tutti attratti dall'ex alleato leghista.
Missione riuscita: in 5 anni il M5S emiliano passa da 13,3 al 3,48 e fa registrare uno dei pochi casi in cui il candidato Presidente prende meno voti della lista a lui collegata, 80.000 contro i 100.000 della lista.

Tutto merito della coalizione di sinistra, quindi?

Non credo, perché secondo il mio parere Salvini ha commesso diversi errori aventi tutti una stessa matrice: l'aver incentrato l'intera campagna elettorale su di sé, nascondendo di fatto il candidato governatore. Così come Renzi fece con il referendum costituzionale, egli ha trasformato questa elezione in un "o con me o contro di me" ed in Emilia, terra rossa per eccellenza, le probabilità di avere più gente contro che a favore erano molto elevate. Una scommessa che si è rivelata un errore di valutazione di poco inferiore a quello commesso all'epoca della rottura con i 5S, quando era facile immaginare la nascita di un governo delle poltrone. 
La famosa bestia social della Lega ha esagerato puntando solo su contenuti di basso livello, dimenticandosi totalmente dei veri temi politici, delle idee e delle proposte tanto che da esterno la mia percezione è che di idee per l'Emilia non ve ne fossero. Ha poi toccato il fondo con la citofonata allo spacciatore tunisino: un meme già pronto da dare in pasto ai suoi avversari.
Il terzo errore, compiuto da tutto il centro destra, è stato scegliere un candidato governatore a cui neanche il padre avrebbe dato il voto. Troppo debole per un avversario radicato sul territorio e governatore uscente, con uno scheletro nell'armadio pronto a rivelarsi al primo giornalista di turno.

Quindi, se Bonaccini è ancora governatore, perché non si può parlare di vittoria piena?

Per due ragioni:

1) numeri alla mano l'Emilia-Romagna è oggi una regione meno rossa:

Partito 2014 2020
PD  44,53%   34,69% (+ 5% altri vari)
Lega  19,425   31,95%
M5S  13,27%   4,74%
Forza Italia  8,36%   2,56%
Fratelli d'Italia  1,92%   8,59%

2) Se il contributo delle liste civiche diventa determinante (ed in questo caso lo è stato visto che la Lista Bonaccini da sola vale più dei M5S) il rischio è che con un candidato meno forte, oppure con una minore polarizzazione dell'elezione, quel civismo possa tramutarsi in assenteismo.

Come ha detto Salvini, quindi, la vittoria è solo rimandata?
Non posso dirlo, ma potrei ipotizzare un rallentamento del moto salviniano di principale catalizzatore di voti nel cdx, a vantaggio degli altri partiti, in primis quello guidato da Giorgia Meloni.
Se così sarà, allora un futuro diverso per l'Emilia e per l'Italia è forse ipotizzabile.

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