Doverosa premessa: lungi da me il voler giustificare un'economia basata sul debito, salvare gli sprechi della politica italiana o difendere le azioni di un preciso governo. Questo post vuole soltanto riflettere sull'attuale cura che ci è stata imposta e sui falsi miti che si creano per fini esclusivamente di strumentalizzazione politica.
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Da quando è cominciata la crisi mi sento ripetere che la politica economica Berlusconiana ci ha portato nel baratro e che ora siamo costretti a pagare più tasse per abbassare l'ingente debito pubblico che ha creato. Stufo della solita tiritera ho voluto approndire la questione per cercare di leggere i numeri in un modo quanto più oggettivo possibile.
Innanzitutto chiariamo i vari termini, qualora ce ne fosse bisogno:
Debito pubblico: valore in termini assoluti del debito di uno stato espresso in valuta.
PIL: prodotto interno lordo di uno stato, espresso anch'esso in valuta ed in termini assoluti.
Rapporto DEBITO-PIL: relazione fra debito e PIL espressa in termini percentuali
DEFICIT: disavanzo primario di uno stato, ovvero Debito pubblico al netto degli interessi sul debito
Questi sono gli indicatori principali della salute di uno stato che determinano la sua forza sia sul mercato che come potenza internazionale.
Non c'è un indicatore più importante di un altro, ma ognuno di essi è specifico per analizzare un determinato settore dell'economia pubblica, certo è che l'unico vero sguardo d'insieme è possibile ottenerlo soltanto osservando l'andamento storico del Rapporto Debito-PIL, poiché mette in relazione i due principali indicatori assoluti. Un debito infatti potrebbe scendere nel tempo dando l'illusione di un miglioramento della situazione se analizzato da solo, ma questo potrebbe non corrispondere a verità se, in quello stesso periodo, anche il PIL scendesse.
Chiarito ciò, ecco alcuni grafici.
PIL Storico:
PIL storico espresso in %
Ecco invece una serie storica più ampia riguardante l'andamento del debito pubblico e del PIL espressi in valori assoluti.
Espresso in percentuale, ecco il rapporto deficit PIL
Uno sguardo alla situazione europea
Ed infine uno sguardo all'andamento della tassazione in Italia nella seconda Repubblica (non ho trovato tavole con serie precedenti):
Non è mio interesse analizzare di chi sono nello specifico le colpe perché ritengo che esse siano egualmente distribuite tra la classe politica che ha governato l'Italia dal 1970 ad oggi, con particolare enfasi verso la DC ed il PSI. Per chi vuole comunque una fotografia degli ultimi anni in fondo c'è un piccolo prospetto "rubato in rete" (vedi fonti).
E' mio interesse, invece, riflettere sulla reale causa del governo Monti (leggi crisi in atto) e sulla medicina propinataci.
Osservando le serie, soprattutto la 3° si può notare come i punti cardine della nostra repubblica siano stati il debito pubblico crescente ed il PIL crescente sì, ma con un ritmo decisamente più lento rispetto al debito. Si può notare che l'anomalia spunta fuori a partire dalla metà degli anni 70, per continuare lungo gli anni 90 quando per la prima volta si verifica il sorpasso fra debito e PIL, con quest'ultimo costantemente lento ed il primo inverosimilmente veloce almeno fino al 1998.
Il dato è un segno inequivocabile della malagestione della cosa pubblica in quanto indebitarsi per un fine diverso dal "magna-magna" avrebbe portato presumibilmente ad un'esplosione del PIL che invece non c'è stata, il che ci fa ragionevolmente dedurre che i soldi siano stati sprecati anziché essere investiti con sapienza in opere pubbliche, ad esempio.
Il crescente sciupo di denaro pubblico è coinciso anche con una crescente pressione fiscale (si può intuire questo andamento costante anche prima degli anni 90 continuando idealmente l'inizio della linea del grafico riguardante la tassazione) fino al 97 , quando, per la prima volta, dal picco raggiunto c'è stata una flessione ed una conseguente discesa. Per la prima volta cioè in Italia si è pensato di diminuire il gettito, anche se con fasi alterne. Questo ha portato una buona crescita del pil fino agli anni 2000 (+2,7%) ed una stagnazione successiva attestatasi fra lo 0,5 e l'1%, ma non ha portato una riduzione del debito significativa. Il che ci fa ancora dedurre una continuazione nella politica degli sprechi e del mantenimento dello status quo dei privilegiati nonostante tassi di crescita del PIL sufficienti tra il 98 ed il 2006. (si osservi la flessione post 11 settembre coincisa anche con l'aumento della tassazione).
E' utile notare come gli anni in cui si è tentato di diminuire la crescita del debito sono stati anche gli anni in cui si è rialzata la tassazione il che ci fa ulteriolmente dedurre che si è cercato sempre e comunque la soluzione più veloce, ovvero il prelievo fiscale, anziché misure di ristrutturazione che contenessero gli sprechi (i famosi tagli). L'assenza di politiche contenutive risulta ancora più evidente se si nota come a flessione della crescita coincida anche un aumento del gap fra debito e PIL, particolarmente evidente dopo l'anno 2000 quando il rapporto debito PIL è stato contenuto soltanto con l'aumento del PIL senza toccare l'andamento del debito. Con questo andamento e ricerca continua di equilibrio mantenendo intatti gli sprechi si è giunti fino al fatidico anno 2008 con il crollo della Lehman e lo scoppio della crisi globale.
L'alternanza dei governi Berlusconi, Prodi, D'Alema e Dini, occupata per lo più a mantenere il precario equilibrio fra i conti ed il consenso popolare è stata totalmente cieca nel non tentare di stimolare fortemente la crescita affidandosi quasi esclusivamente alla tassazione, indebolendo, così, ulteriolmente le basi economiche italiane. Questo ha fatto sì che allo scoppio della crisi il nostro paese arrivasse decisamente malconcio, con una zavorra fatta da debito e sprechi eccessivi. Conseguenza prevedibile della crisi è stato un periodo recessivo che stiamo tutt'ora vivendo e che ha determinato un'ulteriore diminuzione del tasso di crescita del PIL che di fatto ha sbilanciato a favore del debito il rapporto fra i due.
Il mercato ha poi fatto il resto. Cambiati i presupposti di crescita, aumentati gli scandali che coinvolgevano l'ex presidente del Consiglio Berlusconi, l'Italia si è trovata totalmente alla mercé degli speculatori che si sono scatenati nell'estate del 2011. In rete alcuni economisti hanno fatto coincidere questo accanimento contro il nostro paese con l'esito del referendum avverso, nei fatti, a tutti coloro che intendevano venire ad investire (leggi banchettare) nel nostro paese. Questa tesi, ovviamente, per ora, non può essere supportata da prove, certo è che la coincidenza tra le date, l'attuale dibattito sulle privatizzazioni di aziende partecipate dallo stato e dai comuni rafforzano sicuramente quelle idee.
A questo vanno aggiunti i personaggi, figli molti di oligarchie finanziarie e bancarie, che hanno preso le redini del nostro paese e che, di fatto, utilizzando la solita politica della tassazione, stanno cercando di ridurre il debito e contemporaneamente stanno elemosinando pietà presso le maggiori piazze finanziarie. (a tal proposito vedi Monti vs Wall Street, Monti verso London Stock Exchange e Monti Vs Piazza Affari) .
E' bastato questo, unito alle promesse di smantellemento di quello che è rimasto dello stato sociale a far abbassare lo spread (differenziale di rendimento fra BOT italiani e BUND tedeschi) che aveva messo in ginocchio Berlusconi e che è sceso sotto quota 400 punti, alleggerendo il fardello degli interessi sul debito e riaprendo il decennale dibattito sulle riforme strutturali che nessuno sa quali siano, ma di cui tutti parlano.
Quale è la conclusione di questo (primo) personale excursus? Ovvero, cosa ne ho dedotto io leggendo i numeri?
- L'Italia ha subito l'egemonia di una classe politica avida di denaro e di voti a partire dal 1970, anno dell'entrata in scena di politici del calibro di Andreotti, Spadolini, Craxi, De Mita etc...
- La prima e la seconda Repubblica si sono differenziate non tanto per la diminuzione degli sprechi, quanto più per il cercare di mantenere uno strato di privilegi provando però ad invertire la rotta della tassazione. (dal '96 per la prima volta in assoluto si è pensato di diminuirle per mitigare il sentimento di antipolitica post Mani pulite)
- La politica degli ultimi vent'anni si è dimostrata incapace di gestire un paese, di modernizzarlo e di prepararlo alle sfide che la globalizzazione e la moneta unica europea tenevano in serbo.
- Una tassazione eccessiva non è mai la panacea dei mali, ma anzi ha un effetto recessivo per una serie di ragioni:
- diminuzione della disponibilità a spendere
- aumento del prezzo dei beni
- scoraggiamento degli investitori che si tengono stretti o fanno migrare altrove eventuali fondi accumulati
- Un debito statale può non essere un problema, anche se elevato, fino a quando il paese si dimostra politicamente forte e con piani di crescita ben definiti. (vedi debito pubblico giapponese ad esempio)
Per chi volesse mettere in relazione questi dati con il succedersi dei governi italiani può dare uno sguardo a questo prospetto:
Fonti delle tabelle di dati:
Wipedia: Economia Italiana
IndexMundi: Serie dati dal 99
Linkiesta: Debito pubblico
La Rivista: articolo debito
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