lunedì 24 agosto 2020

1 mese al Refendum sul taglio dei parlamentari: finora vincono gli ignavi

 Il 20 e 21 Settembre (salvo sospensioni dell'ultim'ora legate all'emergenza COVID) si voterà in tutt'Italia per il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari. 

A distanza di qualche anno dal famoso referendum personale di Renzi sull'abolizione di un ramo del Parlamento, ecco un altro appuntamento fondamentale per la nostra Repubblica volto a ridurre la presenza in Parlamento di deputati e senatori nel nome dei risparmi e dell'efficienza. Nonostante la sua importanza e le sue ricadute sul sistema elettorale e la rappresentanza popolare, la linea preminente dei partiti più grandi è quella dell'ignavia. Sommessamente appoggiano il SI pur sapendo quanto questo non abbia un reale senso logico, ma anzi esso rappresenti la definitiva deriva del nostro parlamento verso le posizioni anti politiche proprie di un movimento, quello dei 5 Stelle, che si è poi rivelato come il più trasformista della storia della repubblica, capace di rinnegare sé stesso in soli 2 anni e mezzo di governo. 

Ma allora perché il fronte del no è  così povero di sostenitori forti? Semplice: per paura, codardia, viltà. Incosciamente tutti sanno che questa riforma è errata nei presupposti e pericolosa nelle finalità, ma ogni partito ha qualcosa di diverso da temere, seppur tutti uniti dallo stesso filo conduttore. 

Il filo che unisce le paure di tutti i più grandi partiti (maggioranza ed opposizione) è ovviamente la percezione che l'anti politica, l'odio per la casta ed i privilegi dei parlamentari sia predominante all'interno della società italiana, pertanto appoggiare apertamente il NO vorrebbe dire mettersi automaticamente addosso l'etichetta di difensore della casta, residuato della vecchia repubblica da scacciare definitivamente dal Parlamento. La paura di scottarsi pur in presenza di una riforma sbagliata è più forte della logica della argomentazioni che, pertanto, vengono taciute con una strategia chiara ed a tratti comune a tutti i partiti maggioritari: velatamente la linea del partito è per il Sì al taglio, mentre i singoli parlamentari o tacciono o si schierano per il no. 

Vediamoli in azione.

Forza Italia, con la sua capogruppo alla Camera Maria Stella Gelmini per avallare il taglio tira fuori la scusa dell'efficientamento della PA, concetto a suo dire sempre caro al partito berlusconiano, come se ridurre i paralmentari significasse automaticamente efficientare un meccanismo. Nulla di più errato, poiché, al di là del numero delle mani da alzare, esso rimane invariato.  Contro questa posizione, a smentire il discorso dell'efficientamento c'è anche Brunetta, padre nel 2008/2009 proprio di una riforma della PA volta al suo "efficientamento" che è apertamente schierato per il NO. 

La Lega in Parlamento ha votato per il taglio, d'altronde l'iter è iniziato proprio sotto il governicchio giallo-verde, quando entrambi i leader degli schieramenti facevano a gara a chi fosse più populista (nella peggior accezione del termine) ed anticasta quindi ufficialmente, così come ripeteva Salvini anche in Febbraio, la posizione leghista è per il Sì che, se vincente, delegittimerebbe il Parlamento in ottica voto anticipato. Se Salvini usa la scusa della coerenza in virtù dei voti sulla riforma espressi in parlamento, oggi una spallata al governo in ottica elezioni verrebbe solo con una chiara vittoria del no, che, di fatto, sconfesserebbe anche l'ultimo mito della retorica a 5 Stelle. 

Discorso analogo quello di Fratelli D'Italia, ufficialmente per il Sì nonostante alcuni suoi ex esponenti come Guido Crosetto siano decisamente critici al riguardo

Entrambi questi partiti, però, nonostante siano coscienti che accostare apertamente il voto referendario all'operato del Governo possa rappresentare, in caso di vittoria del NO, la goccia che farebbe traboccare il vaso, non vogliono rischiare di ritrovarsi l'arma puntata contro in caso di vittoria del Sì (che rimane al momento la più probabile), quindi piuttosto che rischiare, puntano tutto sulle Regionali e sul sentimento anti casta. Rimane l'opzione della propaganda nell'ombra, ma nell'epoca dei social è forse una mossa troppo azzardata.

 Se l'opposizione è bloccata tra la paura ed i calcoli per le amministrative, la maggioranza di Governo, ad eccezione dei 5 Stelle, di certo non ride e cala gli assi nascosti, come già successo all'epoca delle elezioni in Emilia Romagna. 

Il Partito Democratico è schiacciato fra le diverse anime, con Zingaretti schierato per il Ni o per il So, che vorrebbe evitare di spaccare il Partito che al suo interno ha tanti pesi massimi schierati ai vertici opposti (vedi Bonaccini & Ceccanti per il Sì, Gori, Cuperlo e Benifei per il NO) e contestualmente salvare il Governo evitando di azzerbinarsi ancor di più ai 5 Stelle. Così butta la palla in avanti, si nasconde sul referendum ma rilancia la necessità di approvare una legge elettorale che vorrebbe portare in Parlamento già entro il 20 Settembre . Fumo negli occhi, mentre entrano in campo i pedoni, ovvero le Sardine che si schierano apertamente per il NO. Non hanno paura di bruciarsi, perché in fondo lo sono già di per sé, carne da macello da sacrificare quando fare la sinistra rischia di essere troppo controproducente. 

Italia Viva, Azione e + Europa sembrano essere per il No, ma senza tropo entusiasmo, quasi di soppiatto. 

I 5 Stelle sono gli unici a non aver paura di schierarsi per una riforma che loro stessi hanno voluto e così è direttamente l'ex capo politico Di Maio ad essere in prima linea. C'è solo una variabile che penso dovrebbe preoccuparli: dopo tutte le giravolte fatte sanno di avere i giorni contati, perciò siamo proprio sicuri che a tutti loro convenga tagliarsi le probabilità di venire rieletti, magari riciclandosi in altre formazioni? 

 



 

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