giovedì 3 febbraio 2011

Ordinanze natalizie: regolarizzazione scarichi fognari di utenze private

<< Il responsabile dell’area tecnica […] - A tutti i cittadini proprietari di immobili ubicati nelle strade e piazze comunali servite da pubblica rete di fognatura nera regolarmente in esercizio, ma non ancora serviti dal servizio di depurazione, a procedere, entro e non oltre 90 giorni dalla presente, all’attivazione di idoneo sistema di depurazione per l’allaccio degli scarichi di competenza alla rete fognante cittadina, comprensivo di tutti i trattamenti così come previsti per legge. - A tutti i cittadini dotati di sistema di smaltimento reflui domestici previsti dalla legge (fossa IHMOFF) di provvedere alla regolare e periodica manutenzione dell’impianto come previsto dall’attuale normativa con rilascio di regolare attestazione da parte della ditta specificatamente accreditata; […] >>

Questo è un estratto dell’ordinanza n° 48 del 22 Dicembre 2010, emessa direttamente dall’ufficio tecnico comunale, al fine di chiarire, in modo perentorio, gli oneri degli abitanti di San Vito Romano in materia di gestione delle acque reflue, delicato argomento regolamentato già sin dalla metà degli anni ’70 con normative sia nazionali, che, in seguito, regionali ed europee.
Risale al 1977, infatti ed esattamente al 4 Febbraio, la prima delibera del Ministero dei Lavori Pubblici, attualmente in vigore, riguardante la tutela delle acque dall’inquinamento, la quale detta le linee guida su acque reflue, potabili, aquedotti, sorgenti e reti di trasmissione.
Trentaquattro anni dividono quindi l’ordinanza comunale dall’inizio della nuova era di smaltimento delle acque di scarico e tutto il tempo trascorso, unitamente a qualche passaggio sibillino dell’ordinanza, aprono spunti di riflessione che meritano un approfondimento. Andiamo con ordine.
Emettere un’ordinanza ora, nel 2010/2011 indica che, nonostante il tempo trascorso per l’adeguamento degli scarichi, ci siano ancora abitazioni nel nostro comune che trattano in modo non corretto, o, almeno, anche se adeguato, non certificato, le proprie acque di scarico, con un conseguente rischio per l’ambiente. Il responsabile dell’area tecnica, Geom. Enrico Micheli, sentito in proposito, ha confermato che le zone a partire da viale Sisto Jella, proseguendo verso Genazzano ed alcune abitazioni di via Guido Baccelli sono direttamente interessate dall’ordinanza, fugando ogni dubbio sul fatto che i problemi potessero riguardare solo aree più rurali.
La prima legittima domanda, quindi, è il perché in tutti questi anni si sia ignorata questa situazione, lasciando il territorio senza un adeguato controllo e tutela.
La seconda, però, è: perché invece proprio ora?
L’ipotesi più sensata è che l’avvento dell’ACEA ATO2 nella gestione dell’impianto idrico comunale abbia portato una ventata di legalità e di obblighi che prima erano stati regolarmente ignorati quando il tutto veniva gestito direttamente dal Comune o da enti ad esso strettamente collegati, vedi il CEP, e che ora ci sia bisogno di mettersi al riparo da eventuali rischi legali.
Un estratto del Regolamento ACEA (Agg. Al 2009), infatti, richiama direttamente ciò che può sembrare un’anomalia dell’ordinanza, ovvero il punto 1, quello in cui si obbliga esplicitamente a mettersi in regola chi è servito dalle pubbliche fognature, non collegate però ad un depuratore comunale. Il paragrafo 7.4 del Regolamento, infatti, redatto dalla segreteria Tecnico Operativa dichiara che << nelle zone urbanizzate servite da pubblica fognatura priva di depuratore finale ovvero recapitante ad un depuratore insufficiente, Acea Ato 2 S.p.A. non può accettare domande di allaccio in pubblica fognatura. >>
Di fatto si sta sancendo l’irregolarità e l’inutilità di una siffatta pubblica fognatura, che unita al primo punto dell’ordinanza comunale di cui sopra, getta un’ombra, scomoda, sul come sia stato possibile permettere a civili abitazioni di allacciarsi senza avere i necessari requisiti di trattamento acque pre e post scarico, ovvero, come negli anni si è permesso che acque reflue venissero deliberatamente fatte defluire nel territorio senza avere la necessaria forma di depurazione.
Impossibile giustificare il comportamento con l’ignoranza, plausibile, invece, credere che qualcuno abbia chiuso un occhio,o forse tutti e due. Questa constatazione ci porta dritti dritti ad un’altra domanda, ovvero, perché negligenze/ritardi altrui, debbano ora essere pagate da comuni cittadini che, però, negli anni hanno regolarmente pagato costi di una depurazione che non avevano. Già, perché questi costi sono regolarmente addebitati sulla bolletta dell’acqua a tutti, anche coloro i quali sono dotati di fossa biologica privata (qualora non abbiano ottenuto una esenzione).
A tal proposito ci sono molteplici sentenze che regolano questo aspetto e che, a partire dal 2000, trasformano la tassa di depurazione in tariffa di una prestazione, legando pertanto il pagamento di una somma all’esplicita fruizione di un servizio, o, qualora esso non ci fosse, obbligano il ricevente (il Comune di San Vito Romano in questo caso) a dirottare gli introiti in un apposito fondo vincolato avente come finalità la costruzione di un impianto di depurazione.
Ricapitoliamo: una parte di san vito non è in regola con lo smaltimento di acque reflue e mentre i possessori di fossa biologica debbono provvedere soltanto a certificare la regolare manutenzione, altri, collegati a rete fognaria comunale non allacciata ad un depuratore, sono costretti, in 90 gg, a provvedere alla costruzione di un impianto di autodepurazione. Tutti e due, però, hanno versato una quota annua per il trattamento delle acque che, qualora il Comune non abbia un fondo esplicitamente vincolato alla realizzazione di tali opere, ha indebitamente incassato. Dilungarci sulla necessità di una verifica dell’esistenza di tale fondo, così come sull’opportunità di intraprendere un’azione collettiva nei confronti del comune non è lo scopo primario di questo articolo, quindi continueremo soltanto a porre delle questioni, cercando di stimolare il libero pensiero. Sempre legato a questo aspetto, è, infatti, il quesito riguardante chi dovrebbe essere il responsabile della qualità delle acque scaricate dalle pubbliche fognature e chi, qualora essa non sia a norma, colui che debba provvedere a regolarizzarsi. In questo caso la normativa non è molto chiara, ma per deduzione potremmo legittimamente affermare che il Comune stesso o l’ente privato che gestisce l’impianto siano quantomeno co-responsabili, insieme agli utilizzatori eventualmente non a norma. Se è vero infatti che non è possibile allacciare un’abitazione civile (o area industriale) ad una pubblica fognatura che non è servita da apposito impianto di trattamento, è altresì vero che qualora questo fosse avvenuto, esso sia stato permesso consapevolmente dall’ente proprietario/ gestore e che quindi sia esso stesso in difetto verso la collettività.
Difetto, questo, palese, a cui si sta cercando di porre rimedio mediante fondi provinciali (si parla di 250.000 euro) per la costruzione di un depuratore, presumibilmente da installare nella zona sud (lacalità Accianesi) di San vito Romano, dove, già da qualche anno, si parla e si scrive in proposito.
Risale infatti al 2008 una parziale ammissione dell’allora responsabile dell’Area 3, dott.ssa Urtesi, che, in alcune carte in nostro possesso, dichiara l’esistenza di un collettore fognario comunale in quella zona che raggiunge un sito dove, in un futuro, dovrà essere installato dalla società Acea ATO2 il secondo depuratore Comunale; certificando, di fatto, l’esistenza di quella parte di rete fognaria pubblica illegale, in quanto priva delle richieste misure di trattamento acque ed aprendo una sorta di toto-scommessa per l’individuazione del terreno che in questi anni è stato oggetto di reiterato e premeditato inquinamento.
L’ACEA ATO2, invece, dal canto suo, nello stesso Regolamento citato in precedenza, alla voce “Depuratori con capacità depurativa superiore a 2.000 abitanti equivalenti” annovera ben due depuratori presenti nel nostro territorio, di cui uno presso la località Pastine, l’altro invece in località Accianesi. Ignoto è chi abbia censito questi impianti, certo è che se ne esistessero veramente 2, pubblici e di tale dimensione, non ci sarebbe la necessità di realizzarne un altro, così come non ci sarebbe la necessità, da parte della Provincia di Roma, di erogare la somma di 250.000 euro. Intanto possiamo dire che nella stessa carta a firma dott.ssa Urtesi, viene evidenziata l’esistenza di un apparato di depurazione privato, realizzato dalla Ditta Costruttrice C.F.C. per servire, il nuovo agglomerato residenziale costruito proprio in località Accianesi.
Ora, dato che la somma del finanziamento è già pubblicizzata nei cartelloni elettronici proprio a copertura, probabilmente soltanto parziale però, della costruzione di un nuovo depuratore, la discrepanza fra la realtà e ciò che invece è impresso su carta ci autorizza a formulare almeno 3 ipotesi, la migliore delle quali si riduce ad un banale errore. La seconda, invece, alla eventuale futura annessione della struttura privata a gestione pubblica, anche se è difficile ritenere che abbia la portata dichiarata nel documento ACEA. La terza e la peggiore, invece, lasciata al lettore malizioso, assimilerebbe quel documento ad una giustificazione burocratica per gli allacci abusivi effettuati negli anni a quel fantomatico collettore illegale.
Come si è visto, le implicazioni e le perplessità che una ordinanza natalizia può regalare possono essere molteplici, così come i risvolti che questa vicenda potrà offrire nel medio-lungo periodo. Intanto non possiamo esimerci dal denunciare la latitanza delle amministrazioni comunali succedutesi in questi 30 anni, che di fatto non sono riuscite a risolvere o contenere il problema, portandolo fino al punto in cui il pettine ha raggiunto i nodi, ormai ben saldi, così come la negligenza di tutti quei privati cittadini che, pur sapendo, hanno evitato di regolarizzare la propria posizione, nonostante un quadro normativo chiaro e collaudato.
Concludiamo dicendo che nelle prossime settimane cercheremo di trasformare le nostre ipotesi in certezze andando ad intervistare i diretti interessati al fine di togliere eventuali dubbi di legalità che possono sorgere in condizioni di parziale informazione.


pubblicato su Empolitan Gennaio 2011

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